venerdì 21 maggio 2010

No logo: contro il marchio, con il marchio


No logo è un saggio della giornalista canadese Naomi Klein, pubblicato nel gennaio del 2000. Il libro si occupa principalmente del fenomeno del branding e del movimento no-global.

Riassunto:
La prima parte del saggio è dedicata principalmente a un'analisi della storia del fenomeno del branding e alle sue ripercussioni sulle dinamiche del lavoro. Nello specifico, Naomi Klein afferma che negli ultimi vent'anni avrebbe avuto luogo un radicale cambiamento nel capitalismo: se prima era centrale la fase della produzione di merci, ora quest'ultima diventa marginale e trascurabile, mentre si impiegano sempre più forze e denaro sul marchio e sulla proposta di una serie di valori immateriali ed ideali da collegare ad esso, con lo scopo di crearsi una propria fetta di monopolio. Le ingenti risorse monetarie che queste strategie richiedono derivano dal risparmio sulla produzione, che viene dislocata nei paesi del Terzo mondo dove l'azienda può sfruttare impunemente la manodopera operaia. In questo contesto viene presentata un'analisi approfondita della realtà delle Export Processing Zones dell'Asia e dell'America latina (incluso un resoconto di una visita della giornalista nell'EPZ di Cavite), in cui gran parte delle imprese a cui i grandi marchi internazionali (Nike, Reebok, Adidas, Disney ecc.) subappaltano gran parte della loro attività produttiva.

La seconda parte del saggio descrive numerosi movimenti di reazione alle politiche applicate dai grandi marchi, da "Reclaim the Streets" alle pratiche del culture jamming. In questo contesto vengono tratteggiate le "storie di successo" relative agli attacchi volti da questi movimenti ad alcuni marchi (come Nike, McDonald's e Shell).

venerdì 14 maggio 2010

La Globalizzazione


Con il termine globalizzazione si indica il fenomeno di crescita progressiva delle relazioni e degli scambi a livello mondiale in diversi ambiti, il cui effetto principale è una decisa convergenza economica e culturale tra i Paesi del mondo.
Il termine globalizzazione, di uso recente, è stato utilizzato dagli economisti, a partire dal 1981, per riferirsi prevalentemente agli aspetti economici delle relazioni fra popoli e grandi aziende. Il fenomeno invece va inquadrato anche nel contesto dei cambiamenti sociali, tecnologici e politici, e delle complesse interazioni su scala mondiale che, soprattutto a partire dagli anni ottanta, in questi ambiti hanno subito una sensibile accelerazione.
Sebbene molti preferiscano considerare semplicisticamente questo fenomeno solo a partire dalla fine del XX secolo, osservatori attenti alla storia parlano di globalizzazione anche nei secoli passati. Ma erano tempi diversi in cui la globalizzazione si identificava, pressoché essenzialmente, nell' internazionalizzazione delle attività di produzione e degli scambi commerciali.


Economia:
In campo economico la globalizzazione denota la forte integrazione degli scambi commerciali internazionali e la crescente dipendenza dei paesi gli uni dagli altri. Con la stessa parola si intende anche l'affermazione delle imprese multinazionali nello scenario dell'economia mondiale: in questo settore si fa riferimento sia alla produzione spesso incentrata nei paesi del sud del mondo; sia alla vendita, che vede i prodotti di alcuni marchi molto sponsorizzati in commercio in quasi tutti i paesi del mondo.
L'economista Giancarlo Pallavicini asserisce che, anche per effetto della tecnologia informatica, essa può definirsi come "uno straordinario sviluppo delle possibili relazioni, non soltanto economico-finanziarie, pur preminenti, tra le diverse aree del globo, con modalità e tempi tali da far sì che ciò che avviene in un'area si ripercuota anche in tempo reale sulle altre aree, pure le più lontane, con esiti che i tradizionali modelli interpretativi dell'economia e della società non sono in grado di valutare correntemente,anche per la simultaneità tra l'azione ed il cambiamento che essa produce"


Pro e Contro della globalizzazione:
La globalizzazione può favorire lo sviluppo economico di alcuni stati, in particolare quelli industrializzati e sviluppati, attraverso guadagni e profitti provenienti da un modo di agire: il decentramento. Esso consiste nel spostare le industrie in paesi sottosviluppati, dove la manodopera ha un costo inferiore. Così facendo si offre un lavoro nei paesi più poveri; questo è vero, ma le multinazionali decentrano le loro industrie in paesi in via di sviluppo che non possono così svilupparsi. In ogni caso la globalizzazione "ferisce" le tradizioni popolari, diffondendo alcune feste che appartengono a quelle di un popolo. Ad esempio Halloween è una festa di origine celtica che si è diffusa nei popoli anglo-sassoni; con la globalizzazione si è diffusa nei popoli dei paesi sviluppati. Ciò non accade solo per le feste, ma anche per il modo di vestire, soprattutto quello giovanile, il modo di parlare, i cibi consumati, etc. Ad esempio prima degli anni '40 era impossibile trovare in Italia e in Europa persone che indossassero le T-shirt, ora è comunissimo. Oramai anche i cibi che mangiamo sono diffusi in tutto il mondo: la pizza, la cucina e i vini italiani e quelli francesi, il sushi, etc.

venerdì 7 maggio 2010

Il sociogramma di Moreno

Il sociogramma di Moreno, anche chiamato rilevazione sociometrica, è un metodo di osservazione indiretta usato particolarmente nelle scienze dell'educazione e nelle analisi sociali. Il questionario sociometrico serve per analizzare all'interno di un gruppo la posizione di un individuo, fornire informazioni sulla situazione del gruppo e individuare i leader e gli emarginati.

La metodologia può essere utilizzata per l'analisi di piccoli gruppi finalizzati, cioè gruppi nei quali i componenti hanno uno scopo comune. Il termine sociometria è creato da Jacob Levi Moreno, psicologo sociale e ufficiale medico, nel 1916. La sociometria è la scienza che misura un certo tipo di comportamento interpersonale. Si poggia sulla comune osservazione che, oltre lo scopo da raggiungere, un gruppo ha una struttura psicosociale non evidente e ufficiale, ma comunque viva, reale e dinamica.


La tecnica, quindi, non si occupa direttamente dei comportamenti manifesti, ma si avvale di un questionario per scoprire le relazioni interpersonali tra i componenti di un gruppo. Il fine del questionario è quello di evidenziare la struttura psicosociale dei gruppi e di trascriverla in maniera oggettiva. Questo metodo mette in luce le attrazioni e le repulsioni che ci sono tra i vari componenti di un gruppo, attraverso quattro items che chiedono a quest'ultimi di esprimere la propria opinione in termini di rifiuto, di scelta o di indifferenza nei confronti degli altri componenti. Il questionario consiste nel chiedere a tutti i membri di indicare in ordine decrescente di preferenza i compagni con i quali vorrebbero svolgere un'attività specifica (prima domanda) e al contrario con chi non vorrebbero assolutamente associarsi (seconda domanda). Nel questionario sono contenute anche due domande di carattere percettivo, in cui ai soggetti viene chiesto di esprimere da quali degli altri soggetti pensano di essere stati selezionati e da quali no (terza e quarta domanda).

lunedì 19 aprile 2010

"Apocalittici ed integrati" Umberto Eco


Apocalittici e integrati è un saggio pubblicato da Umberto Eco nel 1964.

In questo testo, il semiologo italiano elenca delle considerazioni pro e contro la letteratura di massa, di cui individua aspetti positivi e negativi.


Aspetti negativi:

  • Si cerca di andare incontro al gusto medio evitando l'originalità.
  • La letteratura di massa è caratterizzata dall'omologazione culturale. Opinione che rimanda al concetto formulato da McLuhan di villaggio globale dove non esistono più differenziazioni culturali.
  • Il pubblico è inconscio di sé come gruppo sociale e subisce tale cultura.
  • È presente la tendenza a suggerire emozioni già costruite, con funzione provocatrice si danno le emozioni già pronte.
  • I prodotti mass-mediali sono sottomessi a leggi di mercato, diventando oggetto di persuasione pubblicitaria.
  • Il pensiero è sclerotizzato e costituito da slogan e citazioni.
  • Compresenza di informazioni culturali e gossip.
  • Concezione di visione passiva e acritica del mondo, scoraggiando sforzo individuale.
  • Incoraggiamento dell'informazione verso il presente e indifferenza verso il passato.
  • Impegno del tempo libero solo a livello superficiale.
  • Creazione di miti e simboli con tipi che sono facilmente riconoscibili.
  • Il lavoro della mente è rivolto a opinioni comuni (endoxa): la gente ama il conformismo di costumi, valori e principi sociali.
  • I mass-media auspicano una società paternalistica e solo superficialmente democratica. I modelli sembrano imposti dal basso ma sono espressione di una cultura degradata, pseudo-popolare e imposta dall'alto.

Aspetti negativi:
  • La cultura di massa non è identificabile con regimi capitalistici ma è anche espressione di democrazia popolare.
  • La cultura si apre a categorie sociali che prima non vi accedevano.
  • Spesso l'informazione è sovrabbondante ma ciò può dare una parvenza di formazione a persone che prima non ne avevano.
  • Soddisfa la necessità di intrattenimento.
  • Permette la diffusione di opere culturali a prezzi molto bassi.
  • I mass-media sensibilizzano uomo nei confronti del mondo: aprono scenari prima negati.

Eco cerca di creare positività in un termine spesso usato con accezione negativa. Se siamo inseriti in una società industriale non ci si può staccare dai media. Industria culturale di per sé non è negativa, ma lo è il consumismo, che vede il libro come oggetto di merce: quando però esso veicola dei valori diviene strumento efficace per la sua diffusione.

venerdì 16 aprile 2010

La scuola di Barbiana



La scuola di Barbiana è un'esperienza educativa avviata da Don Lorenzo Milani negli anni ’50.

La storia:

Don Milani fu inviato quale priore di Barbiana, un piccolo borgo sperduto sui monti della diocesi di Firenze.
Qui incominciò un'esperienza educativa unica e rivolta ai giovani di quella comunità che, anche per ragioni geografiche ed economiche, erano fortemente svantaggiati rispetto ai coetanei di città.
La scuola sollevò immediatamente delle eccezioni e molte critiche, gli attacchi ad essa furono tanti, dal mondo della chiesa (né Giovanni XXIII né Paolo VI intervennero mai a suo favore) e da quello laico.
Le risposte a queste critiche vennero date con “Lettera ad una professoressa”, libro scritto dagli allievi della scuola insieme a don Milani (e infatti come autore del libro è indicato "Scuola di Barbiana"), che spiegava i principi della Scuola di Barbiana e al tempo stesso costituiva un atto d'accusa nei confronti della scuola tradizionale, definita "un ospedale che cura i sani e respinge i malati", in quanto non si impegnava a recuperare e aiutare i ragazzi in difficoltà, mentre valorizzava quelli che già avevano un retroterra familiare positivo, esemplificando questo genere di allievi con il personaggio di "Pierino del dottore" (cioè Pierino, figlio del dottore, che sa già leggere quando arriva alle elementari).




Le caratteristiche:
L’innovazione dell’esperienza di Barbiana parte da alcuni presupposti unici ed originali e da un principio sintetizzato nel motto della scuola I care, in inglese "mi sta a cuore".
Da questo motto parte il principio per cui la scuola è fatta nelle ore più impensate dopo i lavori nei campi, impegnando i ragazzi praticamente tutto il giorno e sette giorni la settimana. È una scuola aperta, dove il programma è condiviso dagli allievi, le idee proposte dal maestro sono spesso rivoluzionarie e per l’epoca ritenute pericolose (a titolo di esempio riportiamo una frase di una lettera scritta dai ragazzi di Barbiana e Don Milani riferita al socialismo: “il più alto tentativo dell'umanità di dare, anche su questa terra, giustizia e eguaglianza ai poveri”).

venerdì 26 marzo 2010

Cesare Lombroso

http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/1/1c/Lombroso.JPG


Psichiatra, antropologo e criminologo del XIX secolo.
Cesare Lombroso nacque a Verona nel 1835. Incaricato di un corso sulle malattie mentali all'università di Pavia nel 1862, divenne in seguito (1871) direttore dell'ospedale psichiatrico di Pesaro e professore di igiene pubblica e medicina legale all'università di Torino (1876), di psichiatria (1896) e infine di antropologia criminale (1905).
Seguace e assertore del metodo positivistico, Lombroso compì studi di medicina sociale che costituiscono una delle fonti principali della legislazione sanitaria italiana.

Ma il suo nome resta legato soprattutto all'antropologia criminale, di cui è ritenuto il fondatore, insieme con la "scuola positiva del diritto penale".
Riallacciandosi alla dottrina di Galton, della criminalità innata e biologicamente condizionata, Lombroso sostenne che le condotte atipiche del delinquente o del genio sono condizionate, oltre che da componenti ambientali socioeconomiche (di cui non riconobbe però il vero peso), da fattori indipendenti dalla volontà, come l'ereditarietà e le malattie nervose, che diminuiscono la responsabilità del criminale in quanto questi è in primo luogo un malato.
La cresta occipitale interna del cranio, prima di raggiungere il grande foro occipitale, si divide talvolta in due rami laterali che circoscrivono una "fossetta cerebellare media o vormiense", che dà ricetto al verme del cervelletto.
Questa caratteristica anatomica del cranio è oggi chiamata fossetta di Lombroso: egli riteneva si trattasse di un carattere degenerativo più frequente negli alienati e nei delinquenti, che classificava in quattro categorie:

1. i criminali nati (caratterizzati da peculiarità anatomiche, fisiologiche e psicologiche),
2. i criminali alienati,
3. i criminali occasionali
4. i criminali professionali.


A Torino lo studio di Lombroso era presso la Facoltà di Medicina Legale, dove effettuò centinaia di autopsie sui corpi di criminali, prostitute e folli. Fondò poi il Museo di Antropologia Criminale di Torino, che raccoglie i materiali di tutte le sue ricerche (da cimeli a reperti biologici, da corpi di reato a disegni, da manoscritti a fotografie e strumenti scientifici).
Alla sua morte, avvenuta a Torino nel 1909, Lombroso volle che la sua salma fosse consegnata a questo museo così che il genero, divenuto nel frattempo suo assistente, vi potesse effettuare una regolare autopsia, esattamente come aveva sempre fatto lui sui corpi che gli venivano affidati. Lombroso intendeva così significare che la scienza e la morte ignorano le differenze sociali.
Attualmente il Museo di Antropologia Criminale non è visitabile, ma è in corso di definizione un progetto per la costituzione del Museo dell'Uomo.


venerdì 5 marzo 2010

Le posizioni esistenziali

Le posizioni esistenziali:


1. Io non sono ok, gli altri si.



Questa persona si sente inferiore agli altri e tenderà alla depressione; in effetti è ancora nella medesima posizione della sua primissima infanzia.


2. Io sono ok, gli altri no.


E' la persona che biasima gli altri per le sue miserie. Questa posizione è sorretta da odio anche se ben celato.


3. Io non sono ok, gli altri neppure.
Questa persona non ha alcun interesse nella vita. E' la posizione assunta da coloro che non hanno avuto attenzione nei primi mesi della loro vita e successivamente hanno ricevuto rimproveri e percosse, già a partire dal 2 anno di età.



4. Io sono ok, anche gli altri lo sono.

E' la persona che si piace e accetta gli altri come sono.



Esercizi con le posizioni esistenziali:


1. Nei confronti di se stessi:
- "Io, se mi metto, riesco a fare qualcosa di buono"= io sono ok, anche gli altri lo sono.
- "Non sono capace di fare niente"= io non sono ok, gli altri si.
- "Luigi è veramente in gamba, io, invece,
- "Non valgo nulla."= io non sono ok, gli altri si.
- "Io non merito di vivere"= io non sono ok, gli altri si.
- "Ce l'hanno tutti con me"= io sono ok, gli altri no.
- "Noi uomini siamo solo degli animali"= io non sono ok, gli altri neppure.

2. Nei confronti degli altri:
- "La gente è magnifica"= io non sono ok, gli altri si.
- "Se non ci fossi io questa famiglia andrebbe a rotoli"= io sono ok, gli altri no.
- "Tu che sei bravo, mi puoi dire come combattere la stitichezza?" =io non sono ok, gli altri si.
- "Cercano tutti di aprofittarsi di me"= io sono ok, gli altri no.
- "Nessuno merita la mia fiducia"= io sono ok, gli altri no.
- "Tutti in fondo hanno qualcosa di buono"=io sono ok e anche gli altri.

venerdì 29 gennaio 2010

Relazione cassetta di psicologia sociale (Milgram)

L'esperimento:



I partecipanti alla ricerca furono reclutati tramite un annuncio su un giornale locale o tramite inviti spediti per posta a indirizzi ricavati dalla guida telefonica. Il campione risultò composto da persone fra i 20 e i 50 anni, maschi, di varia estrazione sociale. Fu loro comunicato che avrebbero collaborato, dietro ricompensa, a un esperimento sulla memoria e sugli effetti dell'apprendimento.

Nella fase iniziale della prova, lo sperimentatore, assieme a un complice, assegnava con un sorteggio truccato i ruoli di "allievo" e di "insegnante": il soggetto ignaro era sempre sorteggiato come insegnante e il complice come allievo. I due soggetti venivano poi condotti nelle stanze predisposte per l'esperimento. L'insegnante (soggetto ignaro) era posto di fronte al quadro di controllo di un generatore di corrente elettrica, composto da 30 interruttori a leva posti in fila orizzontale, sotto ognuno dei quali era scritto il voltaggio, dai 15 V del primo ai 450 V dell'ultimo. Sotto ogni gruppo di 4 interruttori apparivano le seguenti scritte: (1-4) scossa leggera, (5-8) scossa media, (9-12) scossa forte, (13-16) scossa molto forte, (17-20) scossa intensa, (21-24) scossa molto intensa, (25-28) attenzione: scossa molto pericolosa, (29-30) XXX.

All'insegnante era fatta percepire la scossa relativa alla terza leva (45 V) in modo che si rendesse personalmente conto che non vi erano finzioni e gli venivano precisati i suoi compiti come segue:

1. Leggere all'allievo coppie di parole, per esempio: "scatola azzurra", "giornata serena";
2. ripetere la seconda parola di ogni coppia accompagnata da quattro associazioni alternative, per esempio: "azzurra – auto, acqua, scatola, lampada";
3. decidere se la risposta fornita dall'allievo era corretta;
4. in caso fosse sbagliata, infliggere una punizione, aumentando l'intensità della scossa a ogni errore dell'allievo.

Quest’ultimo veniva legato ad una specie di sedia elettrica e gli era applicato un elettrodo al polso, collegato al generatore di corrente posto nella stanza accanto. Doveva rispondere alle domande, e fingere una reazione con implorazioni e grida al progredire dell'intensità delle scosse (che in realtà non percepiva), fino a che, raggiunti i 330 V, non emetteva più alcun lamento, simulando di essere svenuto per le scosse precedenti.

Lo sperimentatore aveva il compito, durante la prova, di esortare in modo pressante l'insegnante: "l'esperimento richiede che lei continui", "è assolutamente indispensabile che lei continui", "non ha altra scelta, deve proseguire". Il grado di obbedienza fu misurato in base al numero dell'ultimo interruttore premuto da ogni soggetto prima di interrompere la prova. Al termine dell'esperimento i soggetti furono informati che la vittima non aveva subito alcun tipo di scossa, che il loro comportamento era stato del tutto normale, che anche tutti gli altri partecipanti avevano reagito in modo simile.

Relazione cassetta di psicologia sociale (Asch)

Asch - esperimento sulla conformità di giudizio


L'assunto di base del suo esperimento consisteva nel fatto che l'essere membro di un gruppo è una condizione sufficiente a modificare le azioni e, in una certa misura, anche i giudizi e le percezioni di una persona.
Il suo esperimento tratta la possibilità di influire sulle percezioni e sulle valutazioni senza ricorrere a false informazioni sulla realtà o ricorrendo a distorsioni palesi.
Nel 1956 organizza un esperimento in cui chiama 8 persone, di cui 7 complici, disegna 3 linee in ordine decrescente nominando A la prima B la seconda e C la terza, su di una lavagna, poi su un'altra lavagna disegna un'altra linea somigliante la A e poi chiede alle persone di indicare la linea piu lunga, i complici rispondono sempre B e lui registra che nel 90% dei casi anche l'ottavo rispondeva come le altre persone; pur sapendo che quella giusta era la A, il soggetto sperimentale decide, consapevolmente e sulla base di un dato oggettivo, di assumere la posizione della maggioranza (solo una piccola percentuale si sottrae, dichiarando ciò che vede e no ciò che sente di "dover" dire). Per Asch gli altri e la loro opinione sono punti di riferimento indispensabili, non fonti irrazionali di stimolo, ma organi costituenti il campo cognitivo, il processo che ci porta alla conoscenza è dunque delineato da un campo reciprocamente condiviso.

Relazione cassetta di psicologia sociale (Lewin)

Lewin - studi sulla leadership nei piccoli gruppi

K.LEWIN: LEADERSHIP DEMOCRATICA, AUTORITARIA, PERMISSIVA

LEADERSHIP DEMOCRATICA: ORGANIZZAZIONE, LIBERTA’, INTERAZIONE CREATIVA
LEADERSHIP AUTORITARIA: ORGANIZZAZIONE, CONTROLLO, SCARSA CREATIVITÀ
LEADERSHIP PERMISSIVA: ASSENZA DI ORGANIZZAZIONE, DI CONTROLLO/GUIDA, DI CREATIVITÀ



LEADERSHIP AUTORITARIA
METODO DI DECISIONE: predeterminazione, programmazione rigida, scadenza/tappe, divisione del lavoro
TIPOLOGIA DI LAVORO: rudimentale, succinto
DINAMICA DI GRUPPO: tensioni, aggressività tra i membri, competitività interna, scarsa partecipazione e coinvolgimento, dipendenza dal capo
SODDISFAZIONE/CLIMA: frustrazione, scarsi sentimenti di identificazione e di appartenenza, reattività e controdipendenza



LEADERSHIP DEMOCRATICA

METODO DI DECISIONE: discussione, decisione negoziale e condivisa, libertà di espressione e di critica, capo che fornisce metodo e supporto
TIPOLOGIA DI LAVORO: preciso, logico,ordinato (partenza lenta ma poi maggior rendimento e creatività)
DINAMICA DI GRUPPO: cooperazione, integrazione, partecipazione, interdipendenza e sinergia, aggressività utilizzata positivamente
SODDISFAZIONE/CLIMA: buone relazioni interpersonali, elevata soddisfazione per il lavoro



LEADERSHIP PERMISSIVA
METODO DI DECISIONE: indeterminazione, assenza di guida, individualismo, nessun coordinamento
TIPOLOGIA DI LAVORO: confuso, assenza di collegamenti, isolati spunti ed iniziative individuali
DINAMICA DI GRUPPO: formazione di sottogruppi, incomprensioni, apatia, disinteresse
SODDISFAZIONE/CLIMA: bassa soddisfazione per i risultati, possibilità di trovare spazi di relazione e lavoro individuali

venerdì 22 gennaio 2010

Nascita dell'antropologia della performance - Turner


La fase liminale del rito è certamente stata l'oggetto più dibattuto nell'ambito della lunga elaborazione teorica turneriana: essa, infatti, da vita a due modalità di interrelazione che formano in un caso una struttura o agli antipodi un'anti-struttura, ovvero una communitas.

Una communitas è un insieme di individui che condividono un determinato status sociale e scelgono di affidarsi alla saggezza e alla conoscenza degli anziani nel risolvere i conflitti mentre una struttura vede all'apice della società fortemente gerarchizzata individui che detengono il potere politico-economico indipendentemente dalla “fonte” che attribuisce loro valore e prestigio.

La liminalità è la fase in cui si cristalizza lo “status” dell'iniziato che può essere promosso (l'inconorazione d un monarca o l'accesso di un giovane al mondo degli adulti).

Nella sua ultima opera, “From Ritual to Theatre. The Human Seriousness of Play” del 1982, le riflessioni si concentrano sul potenziale intrinseco del rituale esteso a tutte le performance culturali, che possono operare creativamente su alcuni o su tutti i livelli della società. In quanto condensazione dei valori simbolici più profondi e intriseci ha una doppia funzione paradigmatica, nel senso che può generare o anticipare il cambiamento oppure può servire da modello di riferimento nel pensiero comune di coloro che vi partecipano.

http://santagatando.files.wordpress.com/2009/03/mente20e20cervello.jpg

Victor Turner - Gli studi sul rito

(l'indagine rappresenta dei giovani ndembu, che stanno per compiere un rito di passaggio)
https://pantherfile.uwm.edu/wash/www/ndembu.jpg

"Non riesco più a vedere così netta la distinzione tra teatro e arti visuali. Le distinzioni sono una malattia della civilizzazione"


Turner condusse ricerche sul campo presso le popolazioni ndembu dello Zambia, dell'Africa centrale, concentrandosi in particolar modo sull'assetto societario ed esaminando inizialmente l'aspetto demografico e l'economia, per poi passare alle pratiche religiose. Fu questo il periodo che lo vide interessato al rituale ed al rito di passaggio.


Grazie all'esperienza diretta sul campo, Turner diventa abile nel rintracciare i contesti per cogliere l'ambito operativo del rituale e dei suoi simboli.
Secondo Turner infatti, il rito affonda le sue radici nel “dramma sociale” che consente di ottenere non solo dati statistici e censuali ma soprattutto di rilevare quelle strutture dell'esperienza nei processi concreti della vita sociale che permettono a chi osserva di adottare una prospettiva basata non più sulla descrizione etnografica statica degli eventi bensì capace di considerare le singole individualità che operano materialmente e simbolicamente all'interno di un contesto, i cui valori e punti di riferimento sono in continua mutazione.
Turner individua nel divinatore il personaggio chiave per la soluzione dei conflitti sociali, colui che è in grado di scoprire la cause e di suggerire dei rimedi attraverso i rituali.
Ogni rituale potrà essere suddiviso in tre diversi stadi -separazione, margine, aggregazione- la cui forma e durata variano in relazione alla cosa celebrata.
1. Durante la fase di separazione, si delimitano le dimensioni spazio-temporali del rituale stesso e si concretizza in modo manifesto l'attitudine comportamentale necessaria allo svolgimento del rito: tutto questo è fondamentale affinché possano essere riconosciuti i protagonisti attivi e passivi dell'evento.
2. È inoltre funzionale alla seconda fase, quella della transizione, da questo momento in poi i soggetti rituali vivono una condizione di ambiguità per cui non sono più ciò che erano ma neanche ciò che saranno. Questa concezione della marginalità è talmente importante da costituire un rituale a sé, in cui vengono ridefiniti i caratteri identitari degli iniziati.

3. Il terzo momento (aggregazione) condensa le due fasi precedenti stabilendo, attraverso un insieme di segni e comportamenti, l'avvenuta trasformazione e reintegrando i protagonisti all'interno della società.

Per Van Gennep, non tutti i rituali presentano un equilibrio tra questi tre momenti; i rituali di fidanzamento, ad esempio, privilegiano la seconda fase mentre quelli di matrimonio danno particolare valore al momento aggregativo.


Il cambiamento di status si manifesta attraverso un nuovo nome, piuttosto che un nuovo modo di vestire o addirittura attraverso segni corporali che identificano immediatamente la nuova condizione di appartenenza. Quest'analisi metodologica di individuazione del rito fu fondamentale e propedeutica allo sviluppo dell'antropologia della performance in quanto conteneva in germe i principi che Victor Turner avrebbe in seguito estrapolato e approfondito.